Motori asincroni: principio di funzionamento
Motori asincroni: principio di funzionamento
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Il motore asincrono trifase è il tipo di macchina elettrica più diffuso (il simbolo grafico è riportato in Figura 1) perché presenta una grande semplicità di costruzione, robustezza, ridotta manutenzione, non richiede complicate manovre d’avviamento e sopporta notevoli sovraccarichi.
Strutturalmente è costituito da una parte fissa (statore), che porta tre avvolgimenti i cui assi sono disposti a 120° l’uno dall’altro, da una mobile (rotore) all’interno, al centro degli avvolgimenti, che porta un circuito elettrico chiuso su se stesso.
Il funzionamento di un motore asincrono trifase è basato sulla induzione di un campo rotante dovuto alla sovrapposizione dei campi magnetici generati da un sistema trifase di correnti che percorrono gli avvolgimenti di statore.
La Figura 2 riporta in alto il diagramma lineare delle correnti e sotto il loro andamento nelle bobine in istanti successivi: le linee di induzione (rappresentate in rosso) definiscono l’andamento del campo nei successivi istanti. Possiamo vedere che il campo magnetico ruota di 120° tra due momenti successivi di osservazione e quindi di 360° durante un periodo completo. In basso osserviamo inoltre che il senso di rotazione si inverte, invertendo il collegamento di due morsetti.
Possiamo dunque affermare che se tre avvolgimenti spostati di 120° vengono percorsi da correnti trifase, nasce un campo magnetico rotante di intensità costante, la cui velocità di rotazione è uguale alla frequenza delle correnti. Questa velocità viene detta velocità di sincronismo.
Il campo magnetico ottenuto come sopra può essere rappresentato sulla sezione dello statore della macchina; in Figura 3 abbiamo la rappresentazione relativa agli istanti t1 e t2.
Finora abbiamo supposto che la macchina fosse a due poli.
Se invece di tre avvolgimenti, sullo statore ve ne fossero sei, spostati di 60° sulla periferia, sarebbe possibile comunque produrre un campo magnetico rotante, questa volta a quattro poli (Figura 4).
Confrontando la macchina a due poli con quella a quattro, vediamo che quest’ultima ruota nello stesso tempo, solo della metà dell’angolo percorso nel caso bipolare: occorrono quindi due periodi per completare la rotazione.
Quanto detto ha carattere generale. È possibile considerare macchine con più paia di poli ed ottenere campi magnetici di valore costante, ma rotanti con velocità minori nel rapporto inverso alle coppie di poli.
La velocità di sincronismo, in generale, è ottenuta mediante la seguente formula:
espressa in giri/min.
nella quale f è la frequenza e p il numero delle coppie di poli.
Con alimentazione a 50 Hz avremo quindi:
motore a 2 poli ns = |
3000 giri/min. |
motore a 4 poli ns = |
1500 giri/min. |
motore a 6 poli ns = |
1000 giri/min. |
motore a 8 poli ns = |
750 giri/min. |
e così di seguito.
Come può il campo magnetico rotante mettere in rotazione il rotore? Abbiamo già detto che il rotore è costituito da un circuito elettrico chiuso. Il campo rotante dà luogo a periodiche variazioni di flusso concatenato con i conduttori del rotore, i quali, divenendo per la legge dell’induzione elettromagnetica sede di f.e.m. indotte, sono percorse da correnti.
Le correnti indotte (per la legge di Lenz) si oppongono alla causa che le ha generate, cioè la variazione di flusso concatenato, e quindi i conduttori si mettono a ruotare nel senso del campo rotante, cercando di raggiungere la velocità ns di sincronismo.
Da queste considerazioni emergono i seguenti punti:
- il motore asincrono trifase a differenza, per esempio, dei motori sincroni, che hanno bisogno di essere inizialmente trascinati, è auto avviante;
- campo rotante e rotore girano sempre nello stesso senso. Per invertire il senso di rotazione del rotore occorre invertire il senso di rotazione del campo rotante; il che come visto, può essere ottenuto invertendo il collegamento di due morsetti dell’avvolgimento di statore.
- poiché alla base del funzionamento c’è il principio di induzione elettromagnetica, il motore può anche essere visto e studiato come un trasformatore, associando lo statore al primario e il rotore al secondario di un trasformatore.
È chiaro che finché il rotore gira più lentamente del campo rotante, nell’avvolgimento di rotore viene indotta una tensione e quindi agisce una coppia motrice; ma se il rotore raggiungesse la stessa velocità del campo non vi sarebbe alcuna variazione di flusso concatenato e quindi non vi sarebbe tensione indotta, non circolerebbe corrente e non vi sarebbe coppia motrice.
La velocità del rotore raggiunge allora un valore inferiore a quello del sincronismo; per cui questi motori sono detti asincroni.
La differenza tra la velocità di sincronismo ns e quella effettiva del rotore n è definita scorrimento assoluto del motore:
s = ns – n
Normalmente viene dato lo scorrimento percentuale riferito a ns:
Lo scorrimento aumenta all’aumentare del carico, cioè della coppia resistente applicata all’albero del motore: con motore privo di carico (macchina a vuoto) lo scorrimento è trascurabile (s% = 0); con motore fermo, all’avviamento (macchina in corto circuito), lo scorrimento percentuale è massimo (s% = 100). A potenza nominale lo scorrimento oscilla tra il 2 e il 7% passando dai grossi motori ai piccoli.
Abbiamo già detto che un motore asincrono funziona con lo stesso principio di un trasformatore. Osserviamo ora che, a differenza di quest’ultimo, il motore è caratterizzato dallo scorrimento; parametro questo che come vedremo, differenzia i valori di alcune grandezze del motore rispetto a quelli di un trasformatore.
Quando il rotore è fermo, la macchina asincrona trifase può essere considerata come un trasformatore trifase: i conduttori del rotore sono tagliati una volta per ogni giro del campo magnetico rotante, ossia una volta per ogni periodo della tensione di alimentazione. Il valore della tensione indotta nell’avvolgimento rotorico dipende allora solo dal rapporto del numero di spire dello statore e del rotore.
Quando il rotore gira, la frequenza con cui i conduttori del rotore vengono tagliati dal campo magnetico, diminuisce proporzionalmente allo scorrimento. Indicando con f2 la frequenza a carico sul rotore e con f1 quella di alimentazione (f1 = 50 Hz) abbiamo:
f2 = s·f1
Ma anche la tensione indotta sul rotore, essendo legata alla frequenza f2, si riduce proporzionalmente allo scorrimento:
E2 = 4,44·Φ·f2·N2 = 4,44·Φ·s·f1·N2 = s·E20
avendo indicato con E20 la tensione indotta a rotore fermo.
In pratica, per i motori, piuttosto che il numero di spire, si preferisce indicare il numero di conduttori (lati attivi) che tagliano il campo magnetico. Scriveremo allora:
Anche sullo statore ovviamente viene indotta una tensione il cui valore è:
dove con viene indicato il numero di conduttori in serie per fase. Un esempio di calcolo può servire a chiarire meglio i concetti esposti. Sul circuito di rotore di un motore a 4 poli, alimentato alla frequenza di 50 Hz, si sono determinate: una f.e.m. di 200 V a motore fermo e una f.e.m. di 8 V nel funzionamento a pieno carico. Determiniamo lo scorrimento, la frequenza e la velocità effettiva del rotore.
Poiché la tensione indotta a rotore fermo E20 è legata alla tensione indotta sul rotore durante il funzionamento a pieno carico dallo scorrimento (E2 = s·E20), possiamo ricavare:
Poiché anche le frequenze sul rotore a pieno carico e a rotore fermo sono legate dallo scorrimento, si ha:
f2 = s·f1 = 0,04·50 = 2 Hz
Per calcolare la velocità effettiva di rotore, calcoliamo prima ns:
Poiché:
dalla relazione inversa possiamo ricavare infine n:
n = ns – s·ns = 1.500 – 0,04·1.500 = 1.440 giri/min.
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