Il motore a corrente continua
Il motore a corrente continua
Se una spira, imperniata su un asse girevole e percorsa da corrente, è immersa in un campo magnetico, viene sottoposta all’azione di una coppia di rotazione. Consideriamo adesso la nostra spira alloggiata sul rotore di una macchina a corrente continua e alimentiamola con corrente continua.
La coppia di rotazione agente porterà la spira in posizione simmetrica tra i poli magnetici dello statore; in altre parole essa si disporrà, come sappiamo, in modo da essere attraversata dal massimo flusso.
In questa posizione, detta zona neutra, la spira si ferma: viene a trovarsi in un punto morto; anche se la spira oltrepassa leggermente questa posizione, è risospinta indietro dalle forze applicatele ai lati.
Se invece il senso della corrente viene invertito nel momento in cui la spira raggiunge il punto morto, si invertono le direzioni delle forze agenti: allora il movimento di rotazione continua sino a che, dopo mezzo giro, si rinnova una posizione con un nuovo punto morto, che nuovamente può essere vinto invertendo la direzione della corrente.
Poiché la commutazione del senso della corrente deve avvenire in funzione della posizione della spira, questo compito è affidato a un dispositivo rotante con l’asse, il cosiddetto commutatore. L’inizio e la fine delle spire vengono fissate ad un anello di contatto diviso in due metà, isolate una dall’altra, dette segmenti di commutazione. Su ognuno di questi appoggia una spazzola che, nel momento in cui la spira raggiunge il punto morto (zona neutra) si sposta sull’altro segmento di commutazione, provocando così l’inversione della corrente, e con ciò un proseguimento della rotazione nello stesso senso. Ovviamente con questo ragionamento le spazzole sono poste nella zona neutra.
Analogamente a quanto visto per i generatori, una sola spira genera forze di spostamento molto piccole, perciò in pratica si utilizzano un gran numero di spire raccolte in una matassa, inserita sul perimetro della parte rotante, nelle cave ricavate nel pacco di lamierini che formano l’indotto. (Con il numero di matasse è necessario aumentare il numero di segmenti di commutazione).
I discorsi fatti in precedenza devono in qualche modo essere rivisti considerando il comportamento della macchina dal punto di vista elettromagnetico. Sappiamo che il circuito induttore genera un campo magnetico chiamato principale, sempre diretto dal polo Nord al polo Sud, che attraversa l’indotto normalmente alla zona neutra (figura 1a).
Anche l’avvolgimento d’indotto percorso da corrente, produce un campo magnetico che ha una direzione normale rispetto al campo principale e quindi la stessa direzione della zona neutra (vedi figura 1 b). Questo viene detto campo trasversale d’indotto.
Dalla composizione dei due campi, quello principale e quello trasversale d’indotto, nasce un campo risultante totale, nel quale la zona neutra viene ruotata in un angolo a in senso contrario al senso di rotazione (vedi figura 2).
Poiché la forza del campo trasversale d’indotto dipende dall’intensità della corrente nell’avvolgimento d’indotto, da questa dipende anche la grandezza di α.
Pertanto le spazzole nella zona neutra, devono anch’esse essere spostate in funzione dell’intensità di corrente.
Dalla figura 2 si può vedere che vicino allo spigolo polare d’ingresso, dove i conduttori dell’indotto entrano nel campo principale sotto i poli magnetici, avviene un addensamento delle linee di forza, e quindi un rinforzo del campo, mentre si crea, un indebolimento sotto l’altro spigolo polare, quello d’uscita.
Questo fenomeno e lo spostamento angolare della zona neutra sono causati dall’effetto del campo trasversale d’indotto sul campo principale, per cui vengono complessivamente detti reazione d’indotto.
Un altro inconveniente che si presenta è lo scintillio delle spazzole nell’istante della commutazione, quando si interrompe il flusso di corrente nella spira e si causa nella stessa una tensione indotta.
Per compensare questi fenomeni dannosi, tutti i moderni motori a corrente continua possiedono dei poli ausiliari, detti poli di commutazione. Questi vengono disposti nella zona neutra tra i poli magnetici e producono in quel punto un campo che genera nella spira una tensione indotta di valore contrario a quella prodotta nel momento della commutazione: quindi la neutralizza.
Gli avvolgimenti d’eccitazione dei poli ausiliari vengono inseriti in serie con quelli dell’indotto e sono perciò percorsi dalla stessa corrente. Il campo nei poli ausiliari dipende quindi dalla intensità della corrente nell’avvolgimento d’indotto, così come ne dipende il campo trasversale d’indotto con senso, però, inverso a quest’ultimo. Così il polo ausiliario annulla il campo trasversale d’indotto nella zona neutra, spostando quest’ultima in senso inverso, e rendendo inutile lo spostamento delle spazzole.
Abbiamo dunque visto che invertendo il senso della corrente si riesce ad avere una rotazione costante dell’indotto.
Se indichiamo con Φ il flusso induttore e con I la corrente che circola nell’indotto, la coppia motrice è data dall’espressione:
in cui K´ è una costante dipendente dalle caratteristiche costruttive della macchina.
Il senso di rotazione dell’indotto si può ricavare, come sappiamo, applicando la regola delle tre dita della mano sinistra. Osserviamo che essendo Φ generato dalla corrente dell’avvolgimento induttore e I la corrente nell’indotto, per invertire il senso di rotazione di un motore a corrente continua è necessario invertire il senso della corrente o soltanto nell’induttore o soltanto nell’indotto. Se si invertisse in entrambi i circuiti il senso di rotazione rimarrebbe invariato.
A causa della rotazione del rotore entro il campo magnetico induttore, si genera negli avvolgimenti rotorici una f.e.m. indotta che, per la legge di Lenz, si oppone alla causa che l’ha generata: è diretta in senso contrario alla corrente (ed anche alla tensione applicata alla macchina).
La f.e.m. indotta nel funzionamento del motore, denominata forza contro – elettromotrice, è indicata con l’abbreviazione f.c.e.m. e si può calcolare mediante la formula:
E = K · n · Φ
nella quale K dipende dai dati costruttivi della macchina, n è la velocità di rotazione in giri al secondo e Φ il flusso in Weber.
Dalla relazione precedente possiamo ricavare la velocità:
che quindi è inversamente proporzionale al flusso induttore e direttamente proporzionale alla f.c.e.m. e, in definitiva, alla tensione applicata.
Per variare la velocità di un motore a corrente continua si può quindi agire in due modi: variare il flusso magnetico oppure variare la tensione di alimentazione. Poiché la velocità aumenta con il diminuire del flusso magnetico, non si deve mai fare funzionare un motore a corrente continua senza eccitazione, altrimenti la velocità assumerebbe valori pericolosi.
La corrente nell’indotto assume, per la legge di Ohm, il valore:
nella quale Ri è la resistenza ohmica degli avvolgimenti d’indotto. All’avviamento, essendo il motore ancora fermo, la f.c.e.m. è nulla, per cui osservando che la resistenza Ri è sempre piccolissima, la corrente d’indotto è elevatissima. Occorre pertanto inserire in questa fase in serie all’indotto un reostato (reostato di avviamento) che viene gradualmente disinserito man mano che il motore prende velocità.
I motori in corrente continua seguono alcune curve di funzionamento, le più importanti sono: le caratteristiche elettromeccaniche (curva della coppia in funzione della corrente assorbita e curva dalla velocità in funzione della corrente assorbita) e la caratteristica meccanica, ovvero la curva della coppia in funzione della velocità. Quest’ultima, particolarmente adatta per stabilire il campo d’impiego dei vari motori, varia sostanzialmente a seconda del sistema di eccitazione della macchina.
Osserviamo che i sistemi di eccitazione sono quelli visti per i generatori in corrente continua.
Una macchina si distingue per la potenza che può sviluppare: definiamo potenza nominale P di un motore in corrente continua, la potenza meccanica ricavava all’asse della macchina, quando viene alimenta dalla tensione nominale e ruota alla sua velocità nominale.
Definiamo invece potenza assorbita Pa, la potenza elettrica che si deve fornire ai morsetti della macchina, affinché questa trasmetta all’albero la sua potenza nominale; è data dal prodotto della tensione ai morsetti V per la corrente I assorbita dalla linea:
Pa = V· I
Il rendimento è il rapporto tra la potenza resa e la potenza assorbita:
Poiché la potenza assorbita si può esprimere come somma della potenza resa e delle perdite all’interno della macchina possiamo pure scrivere:
Le perdite da considerare sono: perdite meccaniche (per attrito e ventilazione), perdite nel ferro (per isteresi e correnti parassite nel nucleo d’indotto), perdite nel rame degli avvolgimenti induttore e indotto, perdite per contatto delle spazzole.
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