Androide: cos’è e come funziona
All’inizio ci si annoia un po’, ma poi ci si abitua. Può scegliersi la sua assistente di bordo che soddisferà tutti i suoi bisogni. Sono davvero di ottima compagnia, ma stia attento a non innamorarsene. Io lo so come vanno queste cose, mi dia retta, faccia bene attenzione. Mai innamorarsi di un androide.
Di un androide, ma come le viene in mente?
Eheheh, lei scherza col fuoco. Io lo so bene come vanno queste cose. Con l’amore capita sempre così. Ahahah, arriva senza preavviso! Ahahah.
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Un androide è un robot dall’aspetto umano, un automa dotato di intelligenza artificiale in grado di interagire con l’uomo, quasi come fosse un suo simile.
Per indicare un androide si possono usare anche i terminirobot umanoide e robot antropomorfo, che sono a tutti gli effetti dei sinonimi.
Androide, etimologia e leggende
La parola androide deriva dal greco andròs, uomo, e dal suffisso eidos che significa forma. Il primo a utilizzarla pare sia stato il filosofo tedesco Alberto Magno, nella seconda metà del tredicesimo secolo. Proprio a lui i cantori medievali attribuivano la costruzione di un fantoccio di metallo capace di predire il futuro.
L’androide nella letteratura e nel cinema
Il debutto letterario dell’androide – inteso come essere umano artificiale – risale al 1886, quando lo scrittore francese Villiers de l’Isle-Adam pubblica il romanzo “Eva futura”, che narra la storia di Hadaly, un androide dalle sembianze femminili, bellissima e virtuosa, progettata da uno scienziato per esaudire il desiderio di un amico.
Nel Novecento, il tema del doppio, del replicante diventa un topos della letteratura di fantascienza. Di androidi dotati di personalità scrivono tra gli altri Isaac Asimov, il “profeta” della robotica, e Philip K. Dick. Quest’ultimo, con il romanzo “Il cacciatore di androidi”, pubblicato nel 1968, ha ispirato uno dei film sui robot più famosi di sempre, “Blade Runner” di Ridley Scott, uscito nelle sale nel 1982.
A proposito di cinema, meritano di essere ricordati anche “Metropolis” (1927) di Fritz Lang – che è la prima pellicola in cui compare un robot – e la saga di Star Wars, popolata da decine di droidi di forma umanoide come C-3PO, simpatico androide poliglotta costruito da Anakin Skywalker.
Wabot-1 e Kismet, nasce così l’androide moderno
Il primo prototipo di androide si deve al Giappone che ha sempre recitato un ruolo di primo piano nella storia della robotica. Nel 1973 un gruppo di ricercatori della Waseda University di Tokyo sviluppa Wabot-1, un robot antropomorfo dotato di braccia, gambe e busto, che cammina e parla, anche se in modo molto elementare.
Alla fine degli anni Novanta il Mit di Boston realizza Kismet, il primo androide in grado di simulare emozioni, una testa robot capace di “esprimere” stati d’animo diversi e di interagire con l’uomo in modo naturale.
Androide: così uguale, così diverso dall’uomo
Oggi, quando parliamo di androidi, ci riferiamo sostanzialmente a robot umanoidi in grado di replicare alcuni tratti caratteristici degli esseri umani, dagli arti flessibili alla capacità di rispondere agli input esterni.
Alcuni androidi, pur imitandone le abilità fisiche e percettive, da un punto di vista estetico non somigliano affatto all’uomo, ma conservano il loro aspetto robotico, quella corazza di plastica e metallo che li rende così diversi da noi.
Distinguere un uomo da un androide, però, non è sempre così facile. Esistono umanoidi talmente verosimili da sembrare dei cloni. Come i robot umanoidi giapponesi di Hiroshi Ishiguro, l’inventore di Geminoid F, un androide femmina dalle sembianze umane così simili a un essere umano da aver recitato in alcune opere teatrali.
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