f.e.m. indotte nei conduttori in movimento
f.e.m. indotte nei conduttori in movimento
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Tutte le volte che un conduttore si muove in un campo magnetico, in modo tale da tagliarne le linee di induzione, esso diventa sede di una f.e.m. indotta.
Per dimostrare questo fenomeno ci varremo del principio dell’induzione elettromagnetica, scrivendone dapprima le conclusioni e facendo poi delle osservazioni.
Consideriamo dunque un conduttore rettilineo di lunghezza l che attraversa un capo magnetico uniforme di induzione B con una velocità v (figura 3).
In queste condizioni otteniamo nel conduttore una f.e.m. indotta uguale a:
E = B · l · v
in cui la velocità v è misurata in m/sec ed E, B, I, nelle usuali unità di misura.
Nella formula scritta dovrebbe comparire il segno meno, che nella teoria dell’induzione elettromagnetica ha, come sappiamo in base alla legge di Lenz, un significato ben preciso.
In questo caso per stabilire la direzione e il verso della f.e.m. indotta ci avvaliamo di una semplice regola mnemonica, simile a quella vista per determinare la direzione e il verso delle azioni meccaniche che, ancora sotto il nome di Fleming, chiamiamo regola della mano destra.
Se poniamo l’indice secondo la direzione delle linee di forza del campo magnetico ed il pollice lungo la direzione dello spostamento, il medio (parallelo al conduttore) ci indicherà la direzione della f.e.m. indotta.
Se il conduttore invece di attraversare il campo in linea retta, si muove ruotando attorno ad un asse ad esso parallelo, la f.e.m. prodotta non sarà più costante ma varierà continuamente in relazione all’inclinazione del conduttore rispetto alle linee di forza. In base quindi alla posizione assunta dal conduttore, la f.e.m. indotta varierà da valori positivi a negativi (cioè con verso opposto), passando per lo zero.
Parleremo più estesamente di questa parte, sviluppando il principio della trasformazione di energia meccanica in elettrica.
Poiché le f.e.m., indotte nelle singole spire che concatenano flussi non costanti o in conduttori che tagliano linee di induzione, assumono sempre valori troppo piccoli da essere utilizzati in qualche modo, si ricorre allora a bobine mosse nel campo magnetico.
Nella bobina il punto finale di una spira è quello iniziale della successiva, quindi le f.e.m. indotte nelle singole spire si sommano in una f.e.m. indotta totale della bobina.
Utilizzando la legge generale dell’induzione o quella per conduttori in movimento in un campo costante è sufficiente però moltiplicare il valore ottenuto per N (numero di spire della bobina o di conduttori immersi nel campo).
Ci occuperemo adesso di un fenomeno generalmente dannoso dovuto a particolari correnti indotte che, appunto per il loro effetto, sono dette parassite (o di Foucault).
Le correnti parassite sorgono nei corpi conduttori tutte le volte che questi ultimi vengono investiti da flussi magnetici variabili oppure si trovano in campi magnetici costanti o anche, ovviamente, quando si verificano entrambi le condizioni.
Consideriamo, come esempio, un nucleo di ferro massiccio, il quale sia sede di un flusso magnetico variabile nel tempo (figura 2).
Isoliamo ora un piccolo tronco di altezza h ed avente la stessa sezione S del nucleo dato; in questo possiamo considerare i percorsi chiusi come altrettante spire chiuse. Poiché nel nucleo il flusso di induzione varia nel tempo, anche il flusso concatenato con ciascun di queste spire varierà nel tempo, per cui esse diverranno sede di f.e.m. indotte e quindi di correnti indotte, parassite, che producano una dannosa dissipazione di energia elettrica in calore nella massa del materiale.
Il fenomeno delle correnti parassite rimane presente anche nel caso in cui un conduttore massiccio si sposti in un campo di induzione costante.
Per diminuire questi effetti si può cercare di aumentare, entro la massa del conduttore investito dal campo magnetico, la resistenza dei possibili percorsi delle correnti.
Per fare questo si possono seguire due vie. La prima è quella di aumentare la resistività dei materiali impiegati. Infatti più alto è il valore della resistività del materiale, a parità di variazione nel tempo del flusso magnetico, minore è l’intensità delle correnti parassite e quindi minore sarà la dissipazione di energia elettrica in calore. Nella pratica per i circuiti magnetici si usa ferro combinato con silicio anziché ferro dolce. La resistività del primo, infatti è circa quattro volte maggiore di quella del ferro dolce.
La seconda via è quella di suddividere il conduttore massiccio in tante superfici parallele alle linee di flusso. Ad esempio nei nuclei di ferro dei trasformatori il materiale viene “affettato” in lamierini disposti in modo da ridurre i probabili percorsi delle correnti parassite, isolati mediante strati di carta e verniciate con lacca isolante, oppure trattati con silicati.
Ma sebbene le correnti parassite abbiano gli effetti negativi detti, possono comunque venire sfruttate vantaggiosamente. Ad esempio, le correnti parassite fanno funzionare i freni elettromagnetici. Infatti, secondo la legge di Lenz, esse si oppongono al movimento che le genera rallentando quindi la marcia.
Oppure, il calore generato, viene impiegato per la fusione dei metalli e per la saldatura dolce e forte.
A conclusione riportiamo qualche esempio di applicazione della legge dell’induzione elettromagnetica.
Calcoliamo la potenza generata in un conduttore lungo 400 mm disposto normalmente ad un campo di induzione B = 0,7 Wb/m2 che viene spostato normalmente a se stesso ed al campo con la velocità di 25 m/s e che fa parte di un circuito di resistenza complessiva di R = 3,5 Ω.
Esprimendo la lunghezza del conduttore in metri, ricaviamo la f.e.m. generata, di valore costante finché dura il moto, con la seguente espressione:
E = B · I · v = 0,7 · 0,4 · 25 = 7 V
Calcoliamo adesso l’intensità di corrente che percorre il circuito:
Pertanto la potenza elettrica generata è:
P = V · I = 7 · 2 = 14 W
Pensiamo di estrarre nel traferro di un magnete di induzione
B = 0,25 Wb/m2 nel tempo di 1/100 di secondo, la spira di Figura 3 avente una superficie di 6 dm2.
Determiniamo il valore della f.e.m. media indotta nella spira nel tempo dello spostamento.
Innanzitutto esprimiamo la superficie in m2:
6 dm2 = 0,06 m2
il valore del flusso concatenato con la spira (il cui asse è parallelo alle linee di forza del campo) è:
Φ = B · S = 0,25 · 0,06 = 0,015 Wb
la f.e.m. indotta nella spira il cui flusso concatenato varia da Φ1 = 0,015 Wb a Φ2 = 0, sarà:
Nel traferro del magnete permanente visto prima, sempre con induzione
B = 0,25 Wb/m2
si estrae ora nel tempo di 1/5 di secondo, una bobina circolare di diametro = 10 cm composta da 12 spire tra loro in serie, avremo Em = 0,115 V.
Infatti, la superficie della bobina è:
S = π · r2 = 3,14 · 25 = 78,5 cm2 = 0,00785 m2
Il flusso che si può concatenare con la bobina (il cui asse rimane sempre parallelo alle linee di forza del campo) è:
Φ = B · S = 0,25 · 0,00785 = 0,00196 Wb
La f.e.m. media indotta, E’m, in ogni spira il cui flusso concatenato varia da Φ1 = 0,00196 Wb (inizio del movimento) a Φ2 = 0 (fine del movimento) è:
Il valore medio della f.e.m. indotta, Em,nella bobina (composta da 12 spire tra loro in serie) che perdura solamente nel breve tempo dello spostamento, è dunque:
Em = 12 · E’m = 12 · 0,0098 = 0,115 V
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