In effetti l’uomo si dimostra essere cosa divina perché dove la natura finisce di produrre le sue spetie l’uomo quivi comincia colle cose naturali a fare coll’aiutorio d’essa natura infinite spetie.
(Leonardo da Vinci)
Questi raffinati e suggestivi prodotti dell’ingegno umano che preludono in forme bizzarre e inusitate alla tecnologia moderna, oggi non si costruiscono più e sono sostituiti ovunque, se non nei musei e nei teatri della nostalgia, da dispositivi in cui l’elettronica si rivela sempre più sollecita dell’efficienza e sempre meno dell’imitazione puntuale della natura. Eppure gli automi, specie quelli antropomorfi, gli androidi e le ginoidi, continuano a popolare di inquiete proiezioni e torbidi sogni l’immaginario del nostro tempo e di qui travalicano nelle creazioni artistiche e nelle attuazioni tecniche. Anche se le tecnologie sono mutate, persiste e prospera un settore di ricerca, la robotica, in cui riappare la dubitosa e mutevole linea di separazione tra ciò che l’uomo è e ciò che potrebbe diventare, tra ciò che può attuare e ciò che può solo sognare. In questo senso gli automi e compagnia incarneranno sempre – anche nelle nuove vesti informatiche, robotiche e ciborganiche – l’aspirazione dell’uomo a travalicare i limiti della propria contingenza.